Autore: Mario Natangelo, detto Nat
Giudizio: ****
Ho letto questo libro perché ogni volta che l'autore ha rappresentato la "morte" mi sono imbattuto in amici che lo hanno apostrofato come fosse un criminale seriale. "Deve avere un problema con la morte" è il succo dell'orrore, e non della critica, ad ogni singola vignetta in cui Natangelo ha rappresentato la morte. Non quella incappucciata con la falce, ma quella che viviamo tutti i giorni.
Quest'ultima frase, per quanto il mio pensiero possa essere sconclusionato, mi pare di un'ovvietà disarmante: in vita incontriamo quotidianamente la morte. La maggior parte dei casi è così lontana che possiamo non farci caso, non ne veniamo neppure a conoscenza. Spesso la notizia ci coglie sull'orlo dell'evento tanto scontato quanto sconosciuto da farci pensare "ma era ancora vivo?" quando veniamo a conoscenza del fatale trapasso. In altri casi la morte è così vicina da strozzarci la gola tra dolore, rimorsi, disperazione. Che sono sentimenti umani che proviamo quotidianamente, almeno lo fa chi è in grado di provare sentimenti. Certamente non lo straniero di Camus che pare disinteressato alla morte della madre. È chiaramente strano più che straniero, si pensa.
La morte è un fatto naturale che riguarda tutti eppure, sulla morte, non si può scherzare, esattamente come sull'Italia fuori da due mondiali di calcio consecutivi. Per molti, chi "maneggia" la morte con una vignetta, è un disgraziato perché viola un tabù: dei morti non si può dire, se lo si deve fare non si può che parlarne bene perché salutavano sempre.
Quando toccherà a noi non saremo più in grado di elaborare il lutto come abbiamo fatto per tutte quelle morti che abbiamo vissute. Per fortuna in quel momento saremo assolti dall'incombenza di rispettare canoni comportamentali perché ai funerali, spesso, ci si va per i vivi e non per i morti senza, con questo, voler mancare di rispetto nei confronti dei morti e men che meno nei confronti dei sopravvissuti. Le vignette di Natangelo parlano ai vivi, per quanto corrosive possano apparire ad alcuni di essi.
Se mai Natangelo venisse a conoscenza della mia morte e fosse colto dall'irrequieto furore di rappresentare in una vignetta la notizia per me ferale, sappia che la mia vita è trascorsa tra tennis, pizza margherita e cercare di fare ciò che è giusto fare e che la morte sopraggiunta si è parata davanti a me come una gigantesca forma di Parmigiano-Reggiano che, leggenda vuole, rifiutai quando, ancora in fasce, sputai la pappina arricchita con questo additivo infernale. A margine Natangelo ricordi che salutavo sempre, spesso anche sconosciuti, ma mi sono anche infilato le dita su per il naso e non ho mai partecipato ai caroselli per le vittorie ai mondiali dell'Italia. Non è da questi piccoli particolari che si giudica un morto da vignetta, ma possono aiutare i vivi a ridere di un fatto della natura. "Morte natura è" e se Taffo lo adotterà come slogan vorrei che ai miei eredi fosse riconosciuto un congruo diritto d'autore perché abbiano un ricordo da festeggiare. Se già è stato utilizzato scusate l'ignoranza e, per Natangelo, nella mia ipotetica vignetta ci deve stare anche l'ignoranza che mi ha contraddistinto per qualità e quantità.
Questo libro racconta momenti personalissimi di un lutto che fanno ridere e pensare che ci si possa scherzare. In tutto questo però non c'è alcuno scherzo, è tutto vero dolore quello che si prova quando su perde un caro e, per quanto piccino possa sembrare, accorgersi di aver perso le sue chiavi, rendersi conto di essere parte del mondo intero che la defunta ha accumulato per tutta una vita può aiutare a pensare quanto è stato bello esserlo fino a che è stato possibile.