Oblio

Autore: David Foster Wallace

 

Giudizio: ****

 

Lo stato persistente nel quale scompare o si sospende il ricordo di qualcosa è la possibile tattica inconscia, e forse involontaria, per affrontare la vita. Tutti i giorni poniamo qualcosa, o qualcuno, nell'oblio, ci serve per fare altro, per ricordare altro. David Foster Wallace ci racconta cose da ricordate e cose da dimenticate, però tutte funzionali alle nostre esistenze. La vita è come un maiale, non si butta via niente.

 

Non è una lettura semplice, richiede attenzione e perseveranza. Io credo che David Foster Wallace fosse un genio e quindi il mio giudizio è partigiano, si metta agli atti. La mia propensione a magnificare l'autore però non tragga in inganno. Leggerlo richiede "impegno" e produce "fatica", astenersi perditempo.

Periodi lunghi, incisi su incisi che sviano l'attenzione che, prima o poi, viene riportata al punto cruciale. Cura (quasi) maniacale posta nella descrizione di quello che non si può vedere e nemmeno sentire e, forse, nemmeno immaginare.

Sì, David Foster Wallace qui scrive di una crisi matrimoniale perché l'io narrante russa, anche se, forse, non lo fa, anche se, forse, non è una crisi matrimoniale,  anche se, forse, c'è un problema diverso nella famiglia allargata. Insomma c'è dell'altro, sicuramente c'è dell'altro, ma il pathos è centrato sull'ipotesi del russare del protagonista e su una particolare buca del campo da golf. Se cercate un nesso, lo troverete, forse.

In un altro racconto l'io narrante si definisce un impostore. Ha sempre mentito per assecondare o coniugare il contesto e la sua persona alle aspettative dell'interlocutore, che fossero i genitori adottivi, la sorellastra, lo psicanalista. Appariva migliore, ma si sentiva peggiore.

Poi ci sono i quattro ostaggi involontari, bambini di una scuola che non si avvedono del pericolo imminente che incombe su di loro. Lo racconta l'io narrante che giustifica il suo stato di ostaggio involontario dovuto alla distrazione indotta dell'essere a fianco della finestra e vedere o immaginare altre cose che non riguardano la classe ed il supplente. Se ci fosse stata la maestra di ruolo lui non sarebbe mai stato vicino alla finestra e tutto ciò che è accaduto non sarebbe successo.

Senza tralasciare l'orrore dell'incidente domestico che, inspiegabilmente, trova come vittima un neonato, oppure il divertente iter da portare a compimento per valutare il successo di un nuovo dolcetto industriale. Marketing, statistica, psicologia al servizio del consumismo con intrecci aziendali e sociali: mentre un uomo si arrampica sul palazzo, un'azienda ne controlla un'altra che già lavora per lei e che lo farà ancora, ma diversamente, lo sanno tutti anche i diretti interessati.

Volenti o nolenti la società ci plasma, letteralmente. La chirurgia estetica ne è il braccio armato di bisturi. Ma non sempre tutto va bene. È ciò che accade all'io narrante di un altro racconto. È stato scarcerato e posto sotto la tutela della madre. Madre che, per due interventi chirurgici estetici riusciti male, ha assunto un'espressione particolare. Per questo motivo spostarsi con lei sui mezzi pubblici è cosa molto delicata.

Ma nella società dell'apparire e del raccontare, si passa anche attraverso la cronaca di un racconto sentito da un altro in aereo e disturbato dai rumori del velivolo. Due persone nella fila vicina a chi riporterà il racconto ad un amico che a sua volta lo riporterà all'io narrante, stanno parlando. Uno racconta all'altro dell'ascesa e discesa di un ragazzino prodigioso in una società che non è la loro. Questo racconto è la fotografia di due sconosciuti in aereo, disturbati dal velivolo, uno dei due probabilmente già sordo di suo, il doppio passaggio della narrazione e nonostante questo la certezza che la società non sia la tua. 

 

Noi vediamo e sentiamo quello che accade vicino a noi. David Foster Wallace lo raccontava come se fosse vero e come se fosse finto, quindi come se fosse e non fosse allo stesso tempo. Per questo motivo è da leggere con la cura che lui ci metteva nello scrivere.