Autore: Paolo Nori
Giudizio: ***
Questo romanzo non è un romanzo e se in questa affermazione il lettore legge una contraddizione sappia che questa contraddizione non è una contraddizione.
La vita di Dostoevskij, secondo Paolo Nori, non è una vita e viene presentata come un romanzo che poi è una vita. Dostoevskij viene graziato dallo Zar a pochi minuti dall'esecuzione capitale in ottemperanza alla pena a lui inflitta per aver letto in privato cose che per volere dello Zar non devono essere lette. A proposito di non contraddizioni. La pena sarà convertita in anni di lavori forzati nel corso dei quali Dostoevskij "penserà" il libro che in quel momento non può scrivere. Dostoevskij salva i diritti delle proprie opere grazie ad una brillante idea di amici che gli consigliano di farsi aiutare da una stenografa per consegnare nei tempi previsti dal contratto il libro che deve all'editore. Non farlo gli costerebbe la perdita dei diritti su tutte le proprie opere per i futuri nove anni. Scrive un libro dettandolo e, riuscito nell'impresa come un Phileas Fogg che scommette di poter compiere il giro del mondo in 80 giorni, chiede la mano alla molto più giovane di lui stenografa, non senza il necessario amorevole aiuto da parte della stessa che è stata e sarà ancora la sua salvatrice. Dostoevskij, in perenne ristrettezze economiche, trova tempo e modo per sperperare anche il poco che ha al gioco e chiedere soccorso alla moglie. Fogg le scommesse le vinceva, seppure per effetti planetari, Dostoevskij no. Dostoevskij è, tra gli illustri altri, uno dei "creatori" della letteratura russa.
E se tutto questo non vi basta per immaginare che questa vita è in romanzo, in questo libro Paolo Nori ci mette del suo. Ci racconta dell'innamoramento per quel primo libro di Dostoevskij letto da ragazzo, Delitto e castigo, amore che sanguina ancora. Amore che lo ha condotto ad amare, studiare, conoscere, tradurre la letteratura russa. Ci sono passaggi di vita vissuta dell'autore che "abbracciano" il lettore per raccontare come l'autore è stato "abbracciato" più di tutti da Dostoevskij.
Paolo Nori mi sta simpatico. Non lo conosco, ma sono portato a simpatizzare per lui, per quello che ha scritto e detto in questo brutto momento in cui gli eventi bellici tra Russia ed Ucraina hanno portato ad un impazzimento generale che identifica la cultura russa come nemica. Oggi, che ho letto questo libro, Nori mi è ancora più simpatico perché scrive, in un modo tutto suo e forse a me sufficientemente prossimo perché siamo entrambi emiliani, di come non si debba temere la letteratura russa e di come si possa amare Dostoevskij anche se a distanza di tanti anni ti fa ancora sanguinare.