Autore: Stefano Scrima
Giudizio: ***
Questa è uno scritto "congiunturale" nel quale si descrive la questione generazionale degli attuali trentenni italiani. Può sembrare un'inutile precisazione, ma non lo è o, perlomeno, non è
sovrabbondante precisarlo. Nel seguito cercherò di spiegare perché questo libretto non dovrebbe parlare solo ai trentenni.
Ogni trentenne dovrebbe leggere questo libretto, come sempre agile e "maneggevole" nel consolidato stile dell'autore, perché dà elementi di consapevolezza. Per questo anche ogni ventenne
dovrebbe leggerlo e non sarebbe tardivo se lo facesse anche un quarantenne. Certamente ogni politico, nel senso di amministratore della cosa pubblica a qualsiasi livello, lo dovrebbe leggere.
Non poniamo limiti alla divina provvidenza.
Consapevolezza è una parola preziosa, a volte un po' abusata, e troppo spesso ritenuta di per sé salvifica. Sei consapevole e di conseguenza sai come comportarti ed affrontare e risolvere i
problemi. Purtroppo non è così automatico e Scrima ci spiega il perché in prima persona, attraverso il suo portato empirico che, a ben vedere, è il portato empirico della sua generazione, ma
non solo.
Ogni bimbo si brucia una volta, ma poi riconosce la fiamma e capisce cos'è il fuoco e non si brucia più. Un trentenne, che oggi equivale a dire precario, purtroppo rischia di bruciarsi e
bruciarsi e bruciarsi ancora senza venire mai a capo di come evitare tutte queste scottature. E non è lui che sbaglia o non capisce, è lo schema di gioco in cui è inserito che gli impedisce
di trovare una soluzione alternativa. Detto altrimenti è il capitalismo all'epoca del neoliberismo, baby.
L'autore identifica le cause e descrive gli effetti in modo puntuale ed a mio avviso preciso. Per esempio è interessante il suo soffermarsi sul tema della riconoscibilità sociale che
otteniamo attraverso il mestiere che facciamo (dottore, avvocato, ingegnere). Elemento che è stato il sogno italiano ("ogni operaio vuole il figlio dottore", "il pezzo di carta serve sempre",
cit.) venuto meno per la generazione fantasma il cui mestiere è comunque sempre e solo precario per quanto alta sia la scolarizzazione. Questo a meno che tu non sia figlio di avvocato,
ingegnere, dottore et similia. In una società nella quale è il lavoro che ti identifica, se si svalorizza il lavoro, di conseguenza si svalorizza anche la persona ritenendola inetta a
prescindere dalla cura, dalla passione, dalla competenza e dall'impegno con cui svolge il proprio lavoro.
D'altro canto è assai interessante anche quando si sofferma sulle aspettative individuali, fare ciò che rende felici, lavorare per il piacere e non per il bisogno di sopravvivere. Questa è
una fortuna di pochissimi. In una società capitalista consumistica la TV ci ha insegnato che tutto è merce anche la felicità. Se hai denaro sei felice, alla faccia del proverbio "la ricchezza
non rende felici". Per summa dell'infelicità, ti puoi trovare condannato a fare un lavoro che non ti piace, ovvero a fare un lavoro che ti piace e però non ti dà il sostentamento necessario
per sopravvivere perché discontinuo, parcellizzato, sottopagato.
L'analisi è precisa ed arguta le conclusioni credo debbano essere maggiormente raffinate perché, se è vero che per la società siamo quello che facciamo, è anche vero che affinché qualcuno
possa smettere di essere il lavoro che fa ci dovrà essere qualcun altro che dovrà lavorare per consentire al primo di fare il salto. Detto altrimenti, pur convenendo che è anche un problema
culturale, è altrettanto vero che non è solo un problema culturale, ma, parlando in volgare, è anche un problema "organizzativo": se alla sera, dopo il teatro, vado fuori a cena, devo trovare
almeno un cuoco ed un cameriere pronto a soddisfare la mia voglia, dopo aver goduto dello spettacolo che mi è stato concesso da attori, costumisti, attrezzisti, maschere, ecc., e non è per
nulla scontato che tutti costoro abbiano la fortuna di farlo per il proprio piacere. La lotta contro l'ingiustizia sociale, la disuguaglianza estrema indotta dal capitalismo neoliberista non
credo si risolverà con una "battaglia campale", penso sia necessario predisporsi ad una "guerriglia" che non lasci mai solo nessuno per pigrizia, per noncuranza, per distrazione, per
sottovalutazione. Le armi da utilizzare sono la cultura, la consapevolezza e la capacità di portare a sintesi le possibili contraddizioni anche quando appaiono insormontabili.
Il sistema resta capitalista e consumistico e cambiare il sistema da dentro il sistema necessita di affrontare contraddizioni senza tralasciarle come se fossero marginali. Racconta la fola
che la precarietà all'inizio fu interpretata come una questione marginale e passeggera, mentre racconta la storia che la precarietà è diventata una questione epocale. Ed è per questo che,
purtroppo, non sono solo i trentenni ad essere preda della precarietà. Forse lo sono in numero maggior, forse lo sono in modo meno consapevole, forse anche meno doloroso, ma chiunque perde il
lavoro oggi entra nella bolla della precarietà e questo succede anche a cinquanta e sessant'anni.
Devo dire che mi sono permesso di aggiungere del mio. Anche per questo il mio invito è quello di rendere questa lettura multi generazionale. Le ragioni di fondo accomunano l'umanità e non
solo la Ghost Generation del titolo. Lei qui è la generazione protagonista, ma non deve restare sola ed a sua volta dovrà rendersi stimolo e supporto per le generazioni che la seguiranno.
Queste ultime ne avranno bisogno come la Ghost Generation sa meglio di altre generazioni.