Autore: Stefano Scrima
Giudizio: ***
Qui leggerete che il rock è morto, ohibò, e, nonostante la nostra inconsolabile tristezza, a che serve continuare ad esibire il cadavere? Dovremmo procedere al seppellimento?
Il cadavere sarà omaggiato per tradizione, per (com)passione, per amore incondizionato, come accade a tutto ciò che in vita è stato straordinario. Perché questo si può dire con certezza: il
rock ha avuto una vita straordinaria!
Se il rock è morto, la filosofia non si sente molto bene. Pensate che pensare pare sia diventato un orpello. La società ha confinato la filosofia in un cantuccio come "varia ed eventuale",
accidente marginale che non concorre alla "produttività" alla quale ognuno di noi deve contribuire. La filosofia è scambiata per una filosofia di vita (tutti siamo filosofi) e non la
Filosofia per la Vita (tutti dovremmo indagare gli accadimenti che ci sovrastano nel corso dell'intera vita). Così procediamo oltre, perché non è più tempo di filosofare, non è più tempo di
poesia, non è più tempo di sogno.
Se avete la ventura di trovarvi tra le mani questo libretto, non troverete rappresentato in esso un nobile defunto ed una grande dama malandata. Avrete modo di leggere, da una angolazione
inusuale, cose che sono parte della vita se amate il rock e se amate la filosofia, compenetrazioni dei due corpi che sono ben più affini di quanto si pensi (sostiene Scrima). Troverete la
vita, quella vera, non quella disegnata dai media, o richiesta dalla società, stereotipata quanto basta per renderla come il cellophane che usiamo per avvolgere il cibo prima di metterlo in
frigorifero. In questo testo nulla è freddo. Il cellophane trattiene e conserva, mentre in questo libro si sprigiona la possibilità (necessità?) di ribellione, un'ipotesi giusta (sbagliata?)
per sovvertire l'ordine non per la noia, ma per la verità. Travalicare ciò che è stato vero fino ad ora, e che da domani potrebbe non esserlo più, perché quella canzone ha cambiato la storia,
quel libro ha mutato il modo di pensare. Nulla sarà più come prima perché la chitarra rotta è sempre una chitarra nuova: è il divenire del volume sempre più alto, l'eterno ritorno di ciò che
sarà ancora e ancora e ancora, l'affermarsi della volontà matrigna (consolatrice?) che dobbiamo sfidare per giungere al Nirvana. Rompere gli strumenti ad un concerto rock rappresenta una
rinascita attraverso un gesto apparentemente scontato che attrae come solo un gesto sublime può fare, solo come una mente sublime sa fare, è l'atto finale, è l'atto di rinascita, circolare
come un giro di chitarra.