Autore: David Foster Wallace
Giudizio: ***
In questa raccolta (saggi, reportage, prefazioni, interviste) emerge lo strabordante talento di DFW attraverso la minuziosa ed attenta rappresentazione del contemporaneo in qualunque forma
esso si presenti (cinema, TV, letteratura, vita). La varietà di argomenti affrontati ed il modo "trasversale" nel quale DFW li fronteggia senza arretrare di un millimetro in un'area di
conforto normata dal comune sentire, mostrano il senso che DFW ha (dato) dello status (concetto) di intellettuale. È onesto quanto basta per dire che se c'è una verità quella non è
necessariamente la sua, ma sufficientemente coraggioso, sprezzante ed urticante da non vedere, in quel momento, risposte migliori alle questioni poste dalla vita e quindi scrive apertamente
le sue. Se scrivi una biografia su Borges e non hai capito nulla di ciò che Borges ha scritto perché sei un pessimo lettore della sua opera, DFW te lo scriverà (lo ha scritto ed ora noi lo
possiamo leggere).
Le questioni poste dalla vita ed affrontate in questa raccolta sono effimere tanto quanto la poesia in prosa (cosa mai potrà essere la poesia in prosa se non testi poetici giustificati?, ma
pure quella cosa abbagliante e trasgressiva che DFW ha letto e che lo ha convinto ad uscire ed acquistare l'opera bellissima di quel poeta, accidentalmente posta insieme a prose poetiche di
scadente spessore tanto che DFW le inserisce in un elenco puntato come se fossero un inventario di titoli per una statistica di cui presenta le percentuali). Sono anche "oziose" notazioni sul
miglior utilizzo di ventiquattro parole (se sapete ed utilizzate l'inglese questo testo credo arricchisca l'ampiezza della lingua inglese abbinata alla consapevolezza del necessario
vocabolario a supporto della conoscenza della lingua perché un vocabolario serve sempre, in qualunque forma esso sia [solo chi leggerà capirà il riferimento ad un invito estremamente
trasgressivo per un "oggetto" come un vocabolario che è custode del significato e dell'uso delle parole]).
C'è un sottofondo costante in quanto si legge in questa raccolta. Potrebbe essere una musica dall'andamento veloce, allegro, vivace, ma anche lenta ed avviluppata su sé stessa, ripetitiva e
ridondante: la vita che passa dallo "stordirsi" volontariamente davanti alla TV, partecipare come uditore ad un incontro di alcolisti anonimi (perché la prima regola di un gruppo di alcolisti
anonimi è non parlare mai del gruppo di alcolisti anonimi), fino ad interrogarsi su cosa può essere vivere (è vita anche se può sembrare che non lo sia) al tempo dell'Aids, oppure perché i
vistosamente giovani autori (come DFW, per inciso) sono schiacciati dalle condizioni sociali ed ambientali in cui si trovano a scrivere, loro che hanno vissuto solo al tempo della TV. Sono
apprezzati al contempo perché esistono nonostante la TV e scrivono cose buone, a volte ottime, e condannati per quella stessa coesistenza: esistono come esiste la TV (forse non dovrebbero
esistere come non dovrebbe esistere la TV?).
Per DFW la scrittura è divertimento. Si gira in lungo ed in largo per cercare cose "più intelligenti" da scrivere e più le cerchi più le cestineresti perché non sono sufficientemente
intelligenti (almeno dovresti essere indotto a farlo) fino a quando capisci che si deve tornare a scrivere per divertimento. Solo in questa condizione hai ancora la possibilità di scrivere,
anche se è narcisismo ed egocentrismo. Di carne e di nulla è divertimento per DFW, ma anche per chi lo legge, nonostante tutta la vita che ci portiamo dentro.
Buona lettura.