Tutto iniziò senza che ce ne accorgessimo e tutto finì di colpo proprio perché non ci eravamo accorti dell'inizio.
Al telefono mi disse "Sei lì? Sono già arrivati?".
Risposi che sì, ero già dove dovevo essere e che no, non era arrivato nessuno. Ero solo ad aspettare. All'altro capo lui riprese "Siamo tutti soli in questo mondo, ma tu hai bisogno?".
Risposi che no, mi ero scritto tutto, aspettavo l'altro, ed avremmo fatto quello che dovevamo fare, come avevamo concordato. Lui riprese "Bene, buon lavoro. Io non ci sarò, ma ci saranno
altri insieme a voi due" che era un modo diverso per dire 'non c'è bisogno che io ci sia'.
Ed in effetti altri arrivarono, per me inattesi e furono una sorpresa, ma che io non ne sapessi nulla non era una sorpresa. Come fu una sorpresa che, dopo, tutti chiesero a me. Chiesero
quello che era stato detto a me. Ero al margine ed in un attimo, per un attimo, fui al centro e questo non era previsto. Essere il centro non è come essere al centro. Essere il centro
significa sapere, essere al centro significa lo stupore di trovarsi lì per caso o per progetto. Fu brevissimo e tutto finì in un grazie.
L'avevamo pensato, progettato, realizzato insieme. Era talmente piccolo che non c'è traccia di questa piccolezza se non quanto solo io posso ricordare perché fu a me che chiesero e fui io che
non dissi: era nostro e non era solo mio.