Autore: Milan Kundera
Giudizio: *****
L'eterno ritorno e l'impossibilità di vederlo in vita: si può bramarlo, o bandirlo, inseguirlo, o fuggirne e mai riaverlo, rivederlo. Leggerezza e pesantezza sono dell'essere e non
dell'apparenza, non della volontà. L'una è positiva, libera, selvaggia, l'altra è negativa, opprimente, conformista. Attraversano le vite di ognuno superando le ragioni ed i torti della
volontà. C'è chi tradisce l'altro per il piacere e non per cattiveria, c'è chi resta fedele all'altro per il piacere, non per opportunità e c'è chi riesce a rimanere fedele solo a sé stesso.
Ogni singola scelta è duale, leggere o pesanti saranno le conseguenze.
Eppure non c'è leggerezza senza pesantezza. Si attraggono, ma non si raggiungono perché la loro unione sarebbe la fine delle vite che possono scorrere solo in modo lineare e mai in modo
circolare. Che il corpo sia votato alla pesantezza e che l'anima sia votata alla leggerezza non è dato. Puoi guardarti allo specchio per cercare l'anima senza riuscire a vederla e potrai
incontrare un corpo che vedrà la tua anima senza riuscire a restare fedele al tuo corpo.
Solo per gli animali, che non sono stati cacciati dal paradiso terrestre, lo scorrere delle vite è un eterno ritorno. Una ripetizione infinita per chi, guardandosi allo specchio, non sa
riconoscersi.
Il momento storico affonda la leggerezza, ed eleva la pesantezza, lasciandoci il rifugio "kitsch" che elimina tutto ciò che riteniamo inaccettabile nell'esistenza umana. Un rifugio
individuale seppur occupato in modo collettivo. Questo rifugio ci fa sentire leggeri nel momento in cui facciamo quello che tutti pensano che si debba fare anche se sarebbe la cosa più
pesante per noi. Nulla è leggero o pesante, tutto si trasforma, tutto ti trasforma.