Autore: Paolo Zellini
Giudizio: ****
Nella contemporaneità abbiamo raggiunto la consapevolezza che l'"algoritmo" riguarda le nostre vite a diversi livelli e con diversi esiti. Molto spesso usiamo questa parola, in modo superficiale,
per indicare qualcosa che non dipende da noi perché è oscuro o nascosto, ma che comunque ci riguarda.
Nell'introduzione del libro viene presentata una definizione semplice: un algoritmo consiste in una sequenza di istruzioni in base alle quali il calcolatore elabora un processo di calcolo. Ma
l'autore ci pone immediatamente di fronte ad una questione che svilupperà nel libro in modo assai articolato: cos'è davvero un processo di calcolo? Le implicazioni sono stringenti e riguardano
fino a che punto un processo di calcolo può sostituire la decisione umana. L'intelligenza artificiale potrà sostituirci? Non c'è una risposta definitiva perché non è solo matematica teorica,
matematica applicata a tecniche di calcolo, ma sfocia nella filosofia. In tal senso è interessante tenere in considerazione l'aneddoto dell'aereo di linea in avaria salvato dal pilota per una
"scelta istintiva", mentre i processi di calcolo, nelle condizioni date, avrebbero fatto schiantare il velivolo non essendo in grado di calcolare soluzioni alternative allo schianto.
L'autore ci accompagna in un percorso che inizia dagli albori presentando le difficoltà puramente teoriche che hanno avuto come protagonisti matematici geniali. A partire da cosa possa intendersi
infinito sapendo che non sarà possibile creare una corrispondenza biunivoca tra numeri naturali e numeri irrazionali. Ovvero constatando che esiste l'infinito dei numeri naturali che è un
infinito "più piccolo" dell'infinito dei numeri irrazionali che non riusciremo mai a numerare. Ma anche il tema della "continuità" per cui una retta reale è composta da un continuo di infiniti
punti adiacenti, mentre il digitale ci pone di fronte al discontinuo.
Un'evoluzione che risiede tra gli sviluppi della matematica teorica e la scienza applicata, senza poter dimenticare che non è plausibile calcolare l'infinito partendo da un supporto che di per sé
è finito. Infatti, per quanto l'evoluzione dei materiali metta a nostra disposizione calcolatori sempre più potenti, è pur vero che anche il più potente calcolatore ha un limite dato dalla sua
"fisicità finita". Ne consegue che lo sviluppo della scienza applicata abbia necessariamente dovuto affrontare anche la riduzione della complessità perché laddove si utilizza un approccio
ricorsivo la complessità di calcolo segue dinamiche con crescita esponenziale, mentre con un approccio iterattivo la complessità di calcolo segue dinamiche logaritmiche, quindi "meno grandi".
A tutto questo si somma anche la necessaria valutazione dell'errore. Ogni algoritmo, che ha "limitazioni" intrinseche nel processo di calcolo, produrrà risultati "approssimati" per i quali si
deve valutare l'entità dell'errore. Purtroppo, troppo spesso, non teniamo conto o non sappiamo valutare l'entità di questa componente, eppure siamo propensi a demandare ad un calcolatore una
funzione "predittiva" come inevitabile conseguenza dovuta al fatto che un essere umano non sarebbe in grado di dare risposte per via della complessità dei dati e delle variabili in gioco. Questa
è una questione per nulla secondaria, soprattutto se impatta con un "determinismo algebrico cieco" che nega qualsiasi libertà d'azione. Il punto oggi è questo e non possiamo dire la parola fine.
La scelta è nostra: dovremo decidere se farla noi umani o se farla fare ad un calcolatore.