Autore: Tommaso Pincio
Giudizio: ***
C'è un romanzo innestato in una vita di finzione innestata in un romanzo di vita vera, o verosimile. Il primo (il romanzo) e la seconda (la vita vera o verosimile) sono incompiuti se prendiamo a
riferimento il canone del saper vivere. Questo colloca i protagonisti fuori dall'ordinario eppure non li rende straordinari. Restano incomuni esseri comuni.
Il canone, definito scientemente, ha capisaldi anche là dove potrebbe esserci estro, passione, emozione fuori dall'ordinario che si riducono a normalità o, peggio, a marginalità. Così il mercante
d'arte è un venditore di telefax che deve liberarsi dai sogni di gloria, dai sogni di ambizioni d'arte. È un personaggio che si "arrangia", come meglio può, vendendo il futurismo dell'invio della
lettera smaterializzata attraverso il cavo telefonico per essere ricomposta e recapitata a destinazione, ma solo se ci sarà un telefax omologo ad attenderla. In assenza del ricevitore la lettera,
ed il contenuto, saranno perduti irrimediabilmente. Come un libro inesistente, come un rumore di sottofondo in una sala giochi dove solo nel sentirsi osservati si coglie l'essenza o l'assenza
della vita, di quella vita che in fondo è solo recita, finzione.
Eppure è anche un personaggio che crea suggestioni su una vita passata, avventurosa e romanzesca di cui si sa poco più del minimo necessario, se non che si stanno calpestando i luoghi degli
accadimenti e la maestria ed i suoi esiti attraverso tutta l'opera. Prima osteggiata, poi dimenticata, infine riscoperta e valorizzata dalla moda. È più moda che arte.
In tutti i casi la maestria è controversa, moderna nel passato e seconda a schemi assenti del saper vivere. Manca il dono anche se c'è il dono, ma non è il saper vivere, è uno specchio, è
un'elsa, è un pennello, è esprimere un mondo che ha il dono del saper vivere come nessuno prima.