Autore: David Foster Wallace
Giudizio: ***
DFW è uno scrittore statunitense che girovaga per il suo vasto paese e ne osserva fatti e persone, ovvero la natura della nazione. Il libro contiene ciò che accade tra la fine degli anni '90 e
l'inizio degli anni '00 e non è mera cronaca, è inchiesta sociale.
Non potrebbe essere altrimenti parlare della tragedia delle torri gemelle di New York, vista dal salotto di una vecchia signora, e rammaricandosi di non avere una bandiera a stelle e strisce
adeguata da porre all'ingresso della propria abitazione.
Come scoprirsi sinceramente colpito ed ammirato dall'ingombrante figura politica di McCain candidato Repubblicano alla presidenza degli USA. Eroe della guerra in Vietnam, prigioniero per anni e
sincero patriota nel bene e nel male. E poi scoprirsi vittima di sé stesso, e delle autobiografie dei tennisti, quando acquista, e contemporaneamente si detesta, il libro di Tracy Austin.
Splendida tennista, ma inadeguata a scrivere alcunché sulla vita, anche della sua.
Non deve quindi sorprendere la partecipazione di DFW all'Oscar del porno o l'attenta analisi dei comportamenti abnormi, e per questo sanzionati, di un conduttore di una talk radio che però
garantisce ascolti e quindi pubblicità.
In tutto questo luccichio delle luci americane DFW ritaglia passaggi apparentemente avulsi come scrivere di Kafka, oppure del narcisista Updike, oppure del miglior biografo statunitense di
Dostoevskij la cui immane opera apre agli americani la possibilità di conoscere l'inconcepibile: uno scrittore russo del diciannovesimo secolo. Ma anche recensire un manuale delle regole di
scrittura inglese per americani, facendo un raffronto tra la scuola di pensiero dei prescrittivi e dei descrittivi. I primi incidono le regole nel marmo ed i secondi sanciscono l'evoluzione della
lingua per come la conosciamo e per erosione del marmo. Gli uni vincono se gli altri perdono e viceversa.
In tutto questo si trova il pezzo che dà il titolo al libro con le valutazioni sulla mastodontica fiera (sagra di paese?) nella quale si mangiano aragoste senza tralasciare le implicazioni
etiche, morali, biologiche e funzionali sul fatto che queste povere bestiole, per dare ai palati umani gusti comunque discutibili, vengano gettate nell'acqua bollente quando sono ancora vive.
Con questo libro DFW descrive l'America che vede, che vive e che, in alcuni casi, detesta e noi tutti ne possiamo apprezzare limiti e contraddizioni.