Autore: Emmanuel Carrère
Giudizio: ***
Il libro si apre in palese contraddizione con il titolo. L'autore scrive di sé. Come è possibile? Le vite che non sono la sua vita, in realtà, racchiudono quest'ultima che serve per raccontare le
prime. È così, come il sole che illumina e la pioggia che bagna.
Non è cronaca, ma introspezione psicologica. Credo che definirla così avrebbe garantito un cenno di assenso da parte della mia professoressa di lettere delle medie. Perché le vite sono vere e non
sono vane, o almeno così a me appaiono.
La vita scorre piana e lenta e felice. A meno che tu non ti convinca che non potrai mai dare amore alla vita altrui. Quando tutto è regolato da questo sentimento frustrante l'ineluttabile è
dietro l'angolo. Nulla potrà accadere per sovvertire lo schema a cui sei condannato. Tu prendi amore e non doni amore. Quando hai preso ciò che puoi tutto avrà fine.
Poi un cataclisma apocalittico ed inaspettato ti scuote nel profondo, vedi la morte, sentì l'odore della morte. Ed in quel momento scopri che anche tu potrai dare. Lo farai, per quello che può
valere, per quello che può servire. Con compostezza e con discrezione.
Le vite che vengono raccolte come fiori candidi sono tali perché attraversate dalla presenza della morte. Un dualismo apparentemente inconciliabile, ma che morte sarebbe senza la vita? E che vita
sarebbe senza la morte?
Vite che caracollano nella disperazione per morti ingiuste (esistono morti più ingiuste, nella giustezza della morte, quando hai solo quattro anni), nella sorpresa per un salvataggio insperato,
nella sofferenza per la ricaduta nel male incurabile.
È una nuova vita a cui non avevi pensato, per cui credevi di non essere preparato, è la vita che porta a raccontare altre vite che non sono la tua. Una vita che lascia intuire la capacità di dare
amore e non solo di prenderlo. E questo per sempre, fino a che uno dei due chiuderà gli occhi all'altro.