Autore: Irvin D. Yalom
Giudizio: ***
Ho conosciuto Yalom per colpa di Schopenhauer e della sua "cura" e, probabilmente, per effetto di un suggestivo risvolto di copertina che oggi nemmeno ricordo (la suggestione è più immaginata che
ricordata. Potrei rileggere il risvolto di copertina, ma, certamente, non ne trarrei la suggestione dell'epoca che ora immagino solo). Così va la vita, incontriamo fatti, cose, persone che ci
"catturano" e rimaniamo "affezionati" loro ed anche un po' "invischiati in loro". Solo un po', perché nulla è eterno.
[Digressione - Per esempio il primo album di Luciano Ligabue per me era affascinante, oggi non riesco nemmeno ad avere la curiosità di sentire le sue ultime canzoni, che comunque mi tocca
sentire alla radio, ma che mi lasciano indifferente: non c'è più la scintilla dell'iniziale fascino. Possiamo dire che sono questioni di tempi, di momenti, di creatività, di suggestiva sintonia?
Diciamolo].
Yalom è uno scrittore a tempo cercato (tra gli altri impegni si ritaglia spazi, rigorosamente definiti, per scrivere libri) che di professione fa lo psicoterapeuta. Nel tempo perso è un
appassionato di filosofia, o forse di filosofi. Ha scritto romanzi "con" Schopenhauer, Nietzsche, Spinoza, Freud.
"Creature di un giorno" non è un romanzo e Yalom non scrive di filosofi, ma scrive di filosofia della psicoterapia. Scrive della sua filosofia maturata negli anni e sviluppata durante le terapie.
Non parlo di una ponderosa "critica della psicoterapia pratica", ma di una testimonianza di terapie per esistenze in vita. Yalom trascrive alcune delle vicende che riguardano sue terapie brevi,
quelle non strutturate, che si concludono addirittura in una singola seduta. Racconta gli elementi cardine con i quali ha cercato di fornire sostegno ai pazienti. In queste dieci vicende troviamo
tratti di esistenze "mutilate", esistenze "fuori fuoco", esistenze "distratte" da mancate esistenze e, fatale, di esistenze prossime alla morte.
L'essere in vita ha un costo, il conto ci viene presentato dal contesto in cui viviamo, dal carattere, dalle nostalgie. In particolare mi appaiono sorprendenti le vicende nella quale lo
psicoterapeuta ottiene espliciti ringraziamenti da parte del paziente anche se, in cuor suo, Yalom capisce che il beneficio è un effetto laterale ed involontario alle sue scelte terapeutiche.
Infatti a quel risultato, da lui sperato, ha contribuito altro che, pur emergendo dalla terapia, si sviluppa autonomamente.
In tal senso Yalom consolida l'idea che al centro della terapia c'è la persona e non meccaniche tecniche di trattamento standard per le diagnosi espresse. Lascia intendere, in modo nemmeno troppo
velato, che i migliori risultati nelle terapie brevi si producono attraverso la miscela di esperienza e di rischio calcolato, approcciando però il paziente non come mero portatore di diagnosi, ma
come persona viva e sofferente. L'autore lo scrive esplicitamente nella postfazione: le persone che maturano la necessità di una terapia hanno come primario bisogno quello di "risolvere le
proprie esistenze" o, meglio, dare significato e valore alle proprie esistenze. Un terapeuta deve avere o maturare una sensibilità che colga appieno il problema esistenziale del suo
interlocutore.