Autore: David Peace
Giudizio: ***
Leggere un libro di David Peace, mi accade sempre, è molto faticoso, difficile, a volte difficilissimo. Questo libro non fa differenza, anzi, se possibile, è stato più difficile che mai.
Aspettative elevatissime anche per effetto di giudizi entusiastici raccolti da persone fidate. Sapevo che avrei speso parecchie ore per incastrarmi nella trama, per armonizzarmi con lo stile. Ed
è stato così. Ricostruzioni, quasi ossessive, paragrafi che si susseguono, uguali ai precedenti ed ai successivi, funzionali a ricostruire l'ambiente, i pensieri, le sensazioni, le delusioni, le
aspettative.
È l'epica del Liverpool Football Club che, a differenza di quanto si possa, si debba e si voglia pensare, non è il calcio inglese, è un'altra cosa, è una particolarità specifica. È l'epica di
Shankly, l'allenatore che tra anni '60 e '70, è artefice di un'epopea che costruisce e plasma con lungimiranza un mito investendo tempo e risorse in questioni apparentemente marginali: è
possibile che l'allenatore ritenga necessario sistemare i bagni dello stadio per accogliere in modo dignitoso il popolo del Liverpool? Sì! È possibile immaginare che i giocatori siano trattati
tutti allo stesso modo, con gli stessi salari? Sì! È possibile pensare che oggi sei il numero uno, hai vinto, sei la squadra migliore del mondo, ma da questo momento devi riprendere a lavorare se
non vuoi perdere nuovamente? Sì!
Shankly, uomo di calcio che ha fatto del calcio la sua vita, ha una visione collettivistica del gioco. I calciatori, anche i fuoriclasse come Kevin Keegan, emergono nella squadra solo se giocano
per la squadra e, naturalmente, per i tifosi. I tifosi sono il fuoco che riscalda, sono l'abbraccio che rincuora, sono l'urlo che esalta.
Ci sono ripetizioni, infinite ripetizioni, di situazioni identiche con nomi e persone diverse. Mai nessuna collocata casualmente, mai nessun asfissiante. Fino alla fine.
Una fine che arriva, inevitabile, prima della morte. Una fine che trascina il protagonista nel luogo dove non si sente più in grado di reggere lo sforzo, ma al contempo vorrebbe ancora fare parte
del collettivo per aiutare nello sforzo. Nulla sarà più come prima anche se la squadra vincerà ancora, forse di più. Ma tutto ha un tempo ed il tempo si conclude per i giocatori e per gli
allenatori. Bisogna capirlo ed essere sempre gentili per non farlo pesare.
Nota: il titolo non potrebbe essere più fuorviante di così, almeno per noi italiani. Rosso o morto, sapendo che di Liverpool si parla, riporta immediatamente alla tragedia dello stadio Heysel
dove inaccettabili comportamenti hanno ucciso decine di persone. Per una partita di calcio. I tifosi di questo libro non sono i tifosi di quel 1985. Sono una cosa diversa, forse perché allora il
calcio era una cosa diversa.