Le urgenze del nuovo Governo impongono alla politica di dare risposte rapide ed efficaci per salvare il paese

Polemiche e discussioni a seguito dei risultati delle elezioni politiche 2013 stanno nascondendo i problemi che affliggono l'Italia. Problemi strutturali, di non facile soluzione, ma che nel corso degli ultimi 18 mesi hanno spinto la politica a decidere di varare un Governo tecnico, che peraltro si è contraddistinto per garantire rigore contabile e non sviluppo con le necessarie politiche di rilancio.
Resta però necessario definire alcune questioni fondamentali come, tra le altre,

  • pensioni;
  • esodati;
  • futuro dei precari;
  • disoccupati;
  • ripresa dei consumi interni;
  • programmazione industriale.


Da un punto di vista contabile il paese pare stia reggendo, ma il pare è d'obbligo visto che il Primo Ministro uscente aveva profetizzato in modo sibillino la possibilità di una manovra correttiva nella Primavera del 2013 se lui non fosse stato ancora seduto a palazzo Chigi. Ora la fibrillazione politica, visto i risultati elettorali e nonostante i tranquillizzanti comunicati istituzionali europei, rischia di autoavverare la profezia di Monti che peraltro è uno degli sconfitti delle recenti elezioni. Segno tangibile che le politiche del Governo tecnico non sono state utili per risollevare le sorti del paese e chiaro segnale che ora ci deve essere un Governo insediato forte per poter prevedere eventuali iniziative straordinarie necessarie. Questi probabili problemi contabili però non elidono tutti gli altri problemi che citavo sopra.

Infatti dal punto di vista sociale la povertà che si sta diffondendo ormai da più di 5 anni è il vero virus, è il vero tsunami che pare inarrestabile. E' da anni che si diceva che con gli stipendi e con le pensioni non si arrivava alla terza settimana. Ora, se possibile, la situazione è evidentemente molto peggiorata. A settembre 2008 la CGIL organizzò una manifestazione per denunciare l'arrivo di una profonda crisi economica che richiedeva misure di intervento urgenti e straordinarie. Ora nessuno lo ricorda più perché tutti concordano sulla crisi, ma allora la CGIL fu isolata come, purtroppo, è avvenuto successivamente in altre occasioni (per esempio vedi l'accordo separato sulla produttività). In queste occasioni i due Governi che si sono alternati negli ultimi 5 anni (Berlusconi e Monti) hanno ritenuto opportuno sottoscrivere accordi che non fossero condivisi dalla CGIL piuttosto che valutare meglio le proposte della CGIL. Dividere le organizzazioni sindacali per dividere i lavoratori è stato un gioco che ha seguito una logica perversa: la competitività del paese passa solo attraverso la riduzione dei diritti.
In questo senso è stato elaborato l'abominio giuridico per cui diventano legittimi e possono esistere accordi aziendali che definiscano deroghe ai contratti nazionali, ma anche alla legislazione nazionale sulle materie lavoratorive. La protesta della CGIL non è stata timida, ma evidentemente non è riuscita a smuovere la politica perché questa non è intervenuta con altrettanta forza, nemmeno nell'ultimo anno montiano che aveva il mandato salvifico di tenere a galla il paese, ma che lo ha assolto incrementando la pressione proprio su quelle categorie che già subivano l'impoverimento (pensionati e lavoratori) e senza arginare abominii come la libera derogabilità.

Ora la disoccupazione sta inesorabilmente salendo perché gli strumenti della cassa integrazione in deroga, introdotti nel 2009, non reggono l'impatto della crisi ed i lavoratori raggiungono la fine del percorso e vengono quindi espulsi dai luoghi di lavoro. La crisi strutturale del paese evidenzia un arretramento ventennale. E' comune sentire sui media affermazioni che segnalano che le questioni che riguardano la vita delle persone non erano a livelli così bassi dai primi anni '90. Il nuovo Governo dovrà quindi avviare urgentissime misure che consentano la ripresa per evitare scenari apocalittici in termini di tenuta sociale. La prima cosa sarà rifinanziare gli ammortizzatori sociali e potenziarne l'impatto si si vuole dare una prospettiva di tenuta ai lavoratori. Chi non vede queste cose è miope o forse non capisce la gravità della condizione generale in cui il paese versa, al di là di valutazioni finanziari, pur importanti.
Purtroppo le "assunzioni", quando ci sono, sono nel 90% dei casi assunzioni "precarie", in tutte le forme di precarietà che il Governo Monti ha lasciato intatte. E non è più "solo" un problema dei giovani che hanno difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro perché i vecchi maturano tardivamente i diritti alla pensione, visto l'aumento dell'età pensionabile. La precarietà, davvero come un virus, è diventata intergenerazionale. E' evidente che è un problema diffuso e complessivo per cui perdere il posto di lavoro (e nella crisi dirompente è cosa purtroppo all'ordine del giorno) espone anche l'"anziano" a vivere tutte le situazioni precarie che la riforma del mercato del lavoro della ministra Fornero ha lasciato pienamente attive, intonse.
Il cosiddetto problema del futuro dei precari non riguarda quindi solo quei giovani per i quali si diceva che la precarietà è una situazione transitoria, è una fase iniziale che negli anni sarà sanata attraverso le stabilizzazioni garantite dal mercato del lavoro e dall'esperienza maturata dal lavoratore. Ora la precarietà riguarda anche chi si ritrova precario a pochi anni dalla pensione. Certamente questo stato condurrà il precario "anziano" ad una drastica riduzione dei rendimenti pensionistici proprio perché il lavoro precario è un lavoro spesso saltuario e comunque più povero, sia dal punto di vista del reddito sia dal punto di vista del contributo a fini pensionistici. Per non parlare poi di un precariato contro legge che è il lavoro nero.
La tenuta sociale si misura oggi in questo paese che deve percepire cose che negli anni scorsi apparivano "limitate", seppur tragicamente, solo ai lavoratori immigrati. Ora la crisi colpisce tutti, senza discriminazioni, e lo fa in assenza di strumenti che possano arginare e riparare tutte le persone colpite: gli stranieri dopo 6 mesi vengono espulsi, gli italiani si trovano costretti ad arrabattarsi attraverso cimabelle di salvataggio familiari. In entrambi i casi la necessità del lavoro ti espone ad accettare situazioni in cui sei costretto a subire condizioni che ledono la tua dignitià ed i tuoi diritti, tra cui il lavoro nero o il lavoro sottopagato e sottotutelato. Il tutto sotto la minaccia: o accetti questo o salti dalla finestra, come te ne trovo a decine, quindi o accetti le condizioni oppure la porta è quella. I lavoratori hanno paura e non sono in grado di "esporsi" per contrastare queste situazioni perché purtroppo non trovano solidarità tra i compagni di lavoro anch'essi immersi nella stessa paura. Una situazione come questa non è accettabile e non è tollerabile. Il nuovo Governo deve urgentemente scegliere una strada che ridia speranza e prospettiva a tutti.

Tra le categorie di coloro che necessitano di immediate soluzioni figurano anche gli esodati, coloro cioè che a seguito dell’entrata in vigore delle nuove norme previdenziali previste dalla riforma Fornero rischiano di rimanere senza lavoro e senza pensione. Sono persone che per avere le risorse di sussistenza per vivere hanno bisogno che il Governo si pronunci in termini rapidi e risolutivi. La politica, il Governo che si deve insediare, dovrà porre in essere immediate iniziative per non abbandonare al loro destino persone che sono completamente prive di reddito.

Ora siamo in una fase cruciale. Al di là del voto democratico di protesta è necessario comprendere che sfasciare tutto senza assumere la responsabilità di affrontare le emergenze sopracitate condurrà prima alla disperazione i poveri cristi. Forse in prospettiva manderrà anche la casta a casa, ma il prezzo sarà affossare il paese. Io penso che questo gioco non valga la candella. Infatti coloro che già prima si arrabattavano con 500/600 euro al mese oggi vedrebbero perse anche quelle misere risorse senza un intervento di un Governo forte. La politica deve accelerare i tempi, non si può romanere imbambolati in balletti tutti legati a speculazioni politiche sul futuro dei partiti, ma si deve intervenire pesantemente per dare le risposte necessarie ora e non tra 6 mesi.
Il gioco pericolosissimo di non garantire un Governo forte è questo. Il PD ha la responsabilità di fare un tentativo e di coinvolgere chi nella protesta è cresciuto in modo veloce ed impetuoso: il Movimento 5 Stelle. Ritengo che la politica non possa permettersi di tergiversare con accordi ponte dall'impostazione, per loro natura, precaria. Berlusconi è il primo artefice della mancata gestione del disastro che ora viviamo e Monti, pur da tecnico, non ha affrontato compiutamente tutti i problemi del paese. Il PD ha un peccato orginale nell'essersi prestato a alla gestione montiana che poi ha mostrato tutti i limiti che ora vediamo. Come ogni peccato, questo va espiato, ma per farlo è necessario dare una forte sterzata e risalire la china andando in direzione opposta a quello per cui le ricette berlusconiane e montiane non si sono mostrate efficaci.
Vista la composizione del Parlamento il PD non può fare nulla di diverso che cercare una soluzione di responsabilità con il nuovo movimento. Non è facile, sarà una soluzione temporanea e parziale, ma non c'è altra strada percorribile. L'alternativa è tornare al voto a Giugno e nemmeno uno dei problemi elencati sopra sarebbe stato affrontato.