Disturbante! Il primo capitolo di questo libro da 761 pagine potrei definirlo proprio in questo modo.
Crudo e terribile nel raccontare le vicende di Alfredo Rampi, Alfredino, bimbo che ad inizio anni '80 morì in un pozzo artesiano. Tutti quelli delle generazioni precedenti alla mia ricordano la
vicenda, l'angoscia, lo sconforto che accompagnò la morte di questo bimbo e che gettò il paese intero in un lutto collettivo. Genna parte da lì per costruire una trame volutamente elicoidale, una
trama da intrigo complottista avviluppata nei fantasmi del protagonista che miscela la Milano da bere, tangentopoli, Craxi, la CIA, la guerra fredda, il caso Mattei, la resistenza, i viaggi spaziali,
i dialoghi con i morti. Non so fino a che punto le cose scritte nel libro siano vere, ma indubbiamente sono tutte verosimili.
Il protagonista incrocia la sua vicenda umana, al limite dell'autoesclusione dal "consorzio degli umani", con quella di altre due persone che hanno vissuto, per motivi e con modalità diverse,
altrettante esclusioni dalla vita reale. E' un tuffo nel vuoto, un puzzle che si compone di decine di elementi e che non sembra mai avere una fine. Nulla ha fine. In questo libro, tutto resta
sospeso, forse perché tutto deve riprendere dal punto in cui è apparentemente terminato.
L'artificio letterario, se di artificio si tratta, è quello di scrivere un romanzo in forma di diario che racconta della vita del protagonista e del libro di fantascienza, appunto intitolato Dies
Irae, che da anni il protagonista sta scrivendo. Non è un libro in senso stretto, sono ritagli di giornali, considerazioni sulla propria condizione umana, autoanalisi dei traumi subiti, cronache
della società, ma tutti hanno un filo conduttore. Genna usa questo "metalibro" per raccontarci quello che in Italia nessuno può raccontare senza passare per pazzo o senza rischiare la vita.
A questo diario personale si aggiunge l'intreccio con la vita reale che conduce il protagonista al coinvolgimento narrativo di altre persone, di altre storie che mantengono però lo stesso filo
conduttore. Le vicende narrate a volte sono assolutamente personali, altre volte collettive, come lo è la vicenda di Alfredino, come lo è la vicenda di tangentopoli. Ognuna per la propria parte
contribuisce a definire quell'affresco dell'Italia che il solo diario del protagonista non avrebbe potuto fare.
Un libro che merita di essere letto per cercare di capire se è più l'incoscienza o più il coraggio a guidare la penna dell'autore. Certamente è da sconsigliare come lettura rilassante.