E' di questi mesi la notizia che uno dei fratelli Savi, quelli della Uno bianca che tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 hanno fatto una carneficina a Bologna e dintorni, avrebbe
chiesto la grazia al GUP. Non conosco la situazione psicofisica del killer in questione, ma la semplice notizia mi porta a fare qualche riflessione.
E' già da qualche anno che, anche per i reduci degli anni di piombo, si vocifera di possibili atti di clemenza. Di solito il politico di turno che vuole arrivare a questo risultato sostiene con un
luogo comune che accomuna destra a sinistra che "è giunto il momento di voltare pagina". Sarò anche lento ed ottuso, ma io le pagine le vorrei voltare solo dopo che ho capito il contenuto ed il
significato delle parole in esse contenute, soprattutto se le parole sono scritte con il sangue di innocenti.
Dopo la strategia della tensione ed i relativi corpuscoli rivoluzionari "impazziti", più o meno pilotati da servizi segreti a destra come a sinistra, oggi si scopre un grande problema in Italia: la
pacificazione.
E non è un caso che siano molte le voci che si alzano, nell'uno e nell'altro schieramento, chiedendo di mettere una pietra sopra quello che è stato. Una pietra che parificherebbe chi "aveva ragione"
con chi "aveva torto". Diciamo, anche se in tono minore, un processo simile a quello che è stato lo sdoganamento dei "ragazzi di Salò".
Io credo che le persone possano sbagliare. Credo che possano compiere anche errori grossissimi (come uccidere) e successivamente maturare convinzioni che, in qualche modo, testimonino un reale
pentimento. Per intenderci sono contrario alla pena di morte perché non risolve, mentre sono favorevole alla piena applicazione di pene che abbiano lo scopo di reintegrare i delinquenti nella società
rendendoli partecipi ed utili alla società stessa. Soprattutto per quei killer che hanno creduto in una fase della loro vita di poter risolvere i problemi del mondo sparando ad altezza uomo, oppure
piazzando bombe.
Però per poter ottenere questo risultato credo siano necessarie alcune cose basilari
- un reale pentimento ed una reale dimostrazione di aver maturato una coscienza civile che possa riconsegnare alla società il condannato
- il perdono dei familiari dei morti ammazzati. Non si può passare per legge sopra al dolore ed agli sconvolgimenti delle famiglie che hanno avuto dei morti ammazzati. Solo se i familiari delle
vittime hanno il "coraggio" di perdonare per tutto il dolore che hanno dovuto sopportare, allora potrei concordare con un perdono anche dello Stato.
In assenza di questi tre elementi ognuno deve essere responsabile delle proprie azioni, sempre e comunque e fino in fondo.
Il "perdonismo" fine ad una sorta di concordia nazionale ritrovata mi puzza di "trabocchetto" elettorale che passa sopra alle teste di chi ha subito il torto ed il dolore di vedere un parente ucciso.
Per questo lo ritengo inaccettabile.
A questi elementi basilari va aggiunta un'appendice di non poco conto: si deve finalmente fare chiarezza su quegli anni bui. In questo, oltre ai singoli colpevoli, è anche lo Stato che deve avere il
coraggio di togliere il segreto di stato che ancora grava su tante vicende degli anni '70 ed '80. Per appurare la verità quindi anche lo Stato deve fare la sua parte, non può semplicemente promuovere
atti di clemenza senza che a questi seguano atti di verità.
Ricordo che nel primo governo Prodi con ministro dell'interno Napolitano, primo post comunista a ricoprire quell'incarico storicamente assegnato a notabili DC, ci fu una certa speranza che qualche
archivio nascosto potesse essere finalmente svelato. La cosa purtroppo non è accaduta ed oggi Napolitano è il presidente della Repubblica. Non che tra le due cose ci sia un legame diretto, ma certo
quella fu un'occasione perduta. Certo non è mai troppo tardi per scoprire la verità, qualunque essa sia su Ustica, Piazza Fontana, Italicus, Peteano, ...